Canto I Paradiso

27.11.2016 17:35

Chiaramente abbiamo un proemio anche nel Paradiso. Mentre nell'Inferno era costituito da una terzina, nel Purgatorio da 4, non ci stupisce vedere che quello del Paradiso sia di 12.

La materia è dottrinale, filosofica, più difficile. Poi raggiungiamo anche quasi la fine del viaggio e la materia raggiunge il suo apice.

Inizia con la parola "gloria", la gloria di colui che tutto muove = perifrasi per indicare Dio. Non è tanto la potenza di Dio quanto proprio la luce, gloria nel senso di luce di Dio. La luce è la caratteristica del Paradiso!

v. 3 "In una parte più e meno altrove" = la gloria penetra in tutto l'universo e risplende in misura maggiore e misura minore in diversi punti. Vuol dire che a seconda della capacità che si ha di raccogliere la luce di Dio questa splende in misura maggiore o minore.

v. 4 "Nel ciel che più de la sua luce prende" = perifrasi per indicare l'Empireo che è il cielo che più di ogni altro prende la luce di Dio, perché è quello che gli sta più vicino.

v. 5 "Fu' io" = mettere se stesso all'inizio del verso in posizione di rilievo indica un'ulteriore prova della consapevolezza di Dante del privilegio di cui gode nell'essere stato scelto per questo viaggio e nel fatto che sta per godere adesso della grazia di Dio e della sua contemplazione.

v. 6 "Chi di là sù discende" = Dante è il terzo uomo vivo che ha questo privilegio dopo Enea e San Paolo. Però dice che chi ha questo privilegio poi ha grande difficoltà nel raccontare quello che ha visto. In sostanza si ribadisce e si introduce il concetto dell'ineffabilità, cioè incapacità di 2 tipi:

  1. Verbale, perché dire con parole umane ciò che umano non è, è estremamente difficile, se non impossibile perché non si hanno i mezzi. Ho la possibilità di vedere cose non umane ma ho solo la possibilità di esprimerle con parole umane, quindi non potrò mai rendere esattamente l'idea di ciò che ho vissuto.

  2. Ineffabilità della memoria, cioè non avere la capacità di ricordare un'esperienza che è stata ben oltre il limite umano

v. 7 "Al suo disire" = a Dio

v. 8 "Regno santo" = Paradiso

v. 13 Inizia l'invocazione / "Lavoro" = fatica

v. 14 "Fammi del tuo valor..." =

- Lettura letterale: fammi un vaso così pieno del tuo valore almeno tanto quanto ne richiedi a coloro che mirano all'incoronazione poetica (= "amato alloro").

- Lettura non letterale: ispirami dal profondo affinché io riesca a fare un lavoro degno dell'incoronazione poetica.

v. 16 "Infino a qui l'un giogo..." = fino a Inferno e Purgatorio era sufficiente un giogo del Parnaso (l'aiuto delle Muse), ma ora ha bisogno sia delle Muse che di Apollo.

v. 18 "Aringo" = arengario = zona dove si svolgevano i giochi e le gare a cavallo nel Medioevo = metafora per chiedere l'aiuto e l'ispirazione

v. 19 "Spira" = ispirami

v. 20 "Sì come quando Marsia traesti..." = come quando hai scorticato vivo Marsia togliendogli la pelle come si toglie la spada dal fodero in cui è inserita. Anche qui Dante si rifà ad un mito che ricava dalle metamorfosi di Ovidio: Marsia era un satiro molto bravo nel suonare il flauto, talmente bravo che aveva osato sfidare Apollo in una gara musicale. Apollo accetta, suona la cetra e ovviamente vince. Apollo lo punisce per aver osato a sfidarlo, lo lega ad un albero e lo scortica vivo. Questo mito ci ricorda l'apertura del Purgatorio: il mito delle Piche che avevano osato sfidare il canto di Apollo e furono trasformate appunto in Piche, in uccelli dalla voce roca.

v. 22 "Se mi ti presti..." = se mi concedi il tuo aiuto, almeno quel tanto che è sufficiente a mantenere un vago ricordo di ciò che io vedrò nel Paradiso, nella mia mente, così che io possa descriverlo tornando sulla terra, mi vedrai venire ai piedi della tua pianta, l'alloro (= "diletto legno") e incoronarmi delle sue foglie perché tu mi avrai reso degno dell'incoronazione poetica.

Dante qui mostra chiaramente di sperare nell'incoronazione proprio grazie alla scrittura del Paradiso.

Uno dei peccati peggiori che la religione condanna è la superbia. Ma in questo caso Dante è stato prescelto da Dio per fare il viaggio perché avrà sicuramente le capacità di raccontare in un modo così bello da indurre altri uomini a salvare la propria anima.

Allora se Dio l'ha scelto è inutile pensare che qualcuno lo faccia meglio di lui. Allora la consapevolezza delle proprie capacità non deve essere confusa con eccessiva superbia. Sarebbe stato molto peggio se Dante avesse avuto un comportamento opposto, di falsa modestia. E' un dato oggettivo che il suo compito non è solo salvare la sua anima, ma quello di mettere per iscritto la sua esperienza perché altri raggiungano lo stesso scopo. Quindi se Dio ha scelto Dante, lo ha scelto anche per le capacità che ha nello scrivere.

v. 28 "Sì rade volte, padre, se ne coglie..." = Qui fa un'ultima conclusione. Ha detto che spera nell'incoronazione, se Apollo lo ispirerà. Del resto dice che ben poche volte si colgono le foglie di alloro per celebrare il trionfo di un imperatore, di un condottiero o di un poeta, che sono colpa e vergogna degli umani, per il fatto che l'alloro (= "fronda peneia", perché Dafne, figlia del fiume Peneo e ninfa amata da Apollo fu trasformata in una pianta di alloro) suscita il desiderio di sè e genera letizia e gioia sulla lieta divinità di Apollo (= "delfica deità" = perifrasi).

v. 34 "Poca favilla..." = da una piccola scintilla può nascere un grande incendio.

v. 35 "Forse di retro a me..." = forse dopo di me, poeti migliori di me, chiederanno l'aiuto di Cirra. Qui c'è una sorta di compensazione alla "superbia" di prima in cui alludeva all'incoronazione poetica, con una dichiarazione di modestia. Dice che Dio adesso ha scelto lui perché è il migliore ma, dopo di lui può essere che verranno altri che saranno molto più bravi a scrivere ciò che Apollo gli spiegherà. Apollo è chiamato Cirra perché era una città della Grecia, che come Delfi aveva il culto di Apollo.

v. 37 E' finito il proemio di 36 versi, 12 terzine e comincia il racconto del viaggio. Ricordatevi, perché spesso sfugge, che stanno ancora sul Paradiso terrestre, quindi nel Purgatorio.

v. 38 "Ma da quella che quattro cerchi..." = Dante ci dà delle coordinate astronomiche grazie alle quali riusciamo a ricavare l'ora (lo fa anche nell'Inferno e nel Purgatorio): noi sappiamo che è aprile già da prima. Infatti se il viaggio dura una settimana e sappiamo quand'è partito sappiamo anche che giorno è in quel momento! Però fa lo stesso una cosa difficilissima attraverso degli elementi astronomici per darci quest'indicazione.

La prof assieme ad altri critici propende per l'ipotesi che sia mezzogiorno per una motivazione banalissima. L'inferno era cominciato di sera, col buio, caratteristica dell'Inferno. La mattina all'alba ha rivisto le stelle, arrivato al Purgatorio. A mezzogiorno quando il sole è allo zenit, stiamo in Paradiso, che si addice alla luce assoluta che caratterizza questo mondo ultraterreno.

v. 38 "Lucerna del mondo" = perifrasi per indicare il sole. A seconda di dove abitiamo il Sole sorge in diversi momenti, diversi punti. Ma da quel punto 4 cerchi si congiungono formando 3 croci, congiunti con la migliore costellazione (dell'Ariete) e procedendo con un corso migliore e plasma e impronta la materia con cui è fatto il mondo a suo modo, come preferisce.

Chi forma le 3 croci? Cosa sono? Per quanto riguarda i cerchi sono il cerchio dell'Equatore, il cerchio dell'Eclittica e il cerchio del Coluro equinoziale. Questi 3 cerchi, nell'equinozio di primavera, quando si sta compiendo questo viaggio, si congiungono in un altro punto che è quello attraverso cui passa l'orizzonte (il quarto cerchio). Questo quarto cerchio si interseca con gli altri 3 formando 3 croci. E' chiaro che sono croci metaforiche: un cerchio che si interseca con altri 3 non formerà mai una croce geometricamente precisa. E' abbastanza facile pensare perché Dante abbia voluto insistere per forza su 4 cerchi e 3 croci. 4 virtù cardinali e 3 teologali!

v. 43 Questo punto dell'orizzonte (= "foce") da cui Dante vede sorgere il Sole aveva fatto di là nel Purgatorio mattino (= "bianco") e di qua sera (= "nera").

v. 48 "Aguglia sì non s'affisse unquanco..." = nel Medioevo era diffusa la credenza che l'aquila, in virtù della sua grande capacità visiva, potesse guardare fisso il sole senza bruciarsi la retina, cosa che invece l'uomo non può fare senza causarsi problemi gravi agli occhi.

v. 52 Mai un'aquila riuscì a fissare così tanto il sole come stava facendo Beatrice. L'aquila era l'unico animale sulla terra che si pensava potesse fare una cosa del genere.

 

Come il raggio di riflessione (il secondo) è solito uscire dopo quello di incidenza (il primo) e tende a risalire verso l'alto, come un pellegrino che desidera tornare. Chi è sto pellegrino? Siccome parlavamo prima dell'aquila, alcuni hanno visto in questo pellegrino il falco pellegrino, usato tra l'altro nel Medioevo (il falcone di Federico degli Alberighi! L'unica cosa che gli era rimasta per corteggiare una donna), che viaggia e che vuole ritornare a casa.

Dall'atto di Beatrice di guardare fissa il Sole, attraverso i suoi occhi nacque in Dante la stessa cosa. v. 54 "Nostr'uso" = capacità

v. 55 "Là" = Paradiso terrestre / "Qui" = sulla terra

v. 56 "Virtù" = facoltà

Qui Dante è come se mostrasse se stesso come un novello Adamo. Nel senso che Adamo ed Eva, erano stati creato con facoltà intellettive maggiori di quelle che hanno gli uomini adesso. Poi però dopo aver disubbidito a Dio, non solo furono cacciati dall'Eden, ma le loro facoltà intellettive, così come quelle di tutti gli uomini dopo di loro, sono state diciamo così "ridotte". Dante quindi paragona se stesso ad Adamo prima del peccato originale, come se Dio gli avesse concesso queste maggiori facoltà intellettive che possedeva una volta Adamo.

v. 58 "Io nol soffersi molto..." = Dante osserva il Sole grazie a Beatrice e non sopporta la luce per molto tempo, ma neanche per poco.

 

 

Riepilogo: ampissimo proemio, invocazione ad Apollo perché non sono più sufficienti le Muse. Dopodiché attraverso la storia dei 4 cerchi che si intersecano e formano le 3 croci, ci conferma che siamo in primavera nella costellazione dell'Ariete, e ci indica l'ora: mezzogiorno.

Ci dice che riesce a fissare il sole come faceva Beatrice con una modalità che supera di gran lunga le capacità dell'uomo. Quando ci dice che Beatrice fissa il Sole fa un paragone vicino all'uomo.

v. 61 "E di subito parve giorno a giorno..." = Dante ha l'impressione che si raddoppi la luminosità e ce lo dice in due modi: un giorno si aggiunge a un altro giorno e Dio ha messo un altro sole nel cielo. Probabilmente questo aumento così incredibile di luminosità potrebbe essere dovuto al fatto che Dante si avvicina alla sfera del fuoco, per cui poteva percepire questo aumento di luminosità.

v. 62 "Come quei che puote" = Dio

v. 64 "Etterne rote" = cieli

v. 67 "Nel suo aspetto tal dentro mi fei..." = anche qui come al solito Ovidio è la fonte con le sue metamorfosi. Dante si rifà ad un famoso racconto mitologico che è quello di Glauco. Glauco era un pescatore che si era accorto un giorno che lì nel luogo dove stava pescando, quando prendeva un pesce e lo adagiava sull'erba, questo mangiando l'erba che c'era lì si rinvigoriva e si ributtava nell'acqua, come se fosse resuscitato. Incuriosito da questo fatto, Glauco assaggia l'erba pure lui per vedere che effetto fa e si getta pure lui nell'acqua perché diventa come un dio marino. In sostanza come Glauco è diventato simile agli dei che abitavano quelle acque, lui grazie alla volontà di Dio, per il tramite di Beatrice, si sente come qualcuno che fa parte di quel contesto divino(che non è il suo caso!).

v. 70 "Trasumanar" = quello che stava capitando a lui. Trans humanum = oltre l'umano, superare il limite umano. Una parola che inventa Dante, ma che non riesce a spiegare a parole.

v. 73 "Quel che creasti novellamente" = l'anima, che è l'ultima cosa che Dio ha creato nell'uomo. In particolar modo secondo il sistema aristotelico l'uomo era costituito da 3 anime: razionale, sensibile e vegetativa. E l'ultima a svilupparsi era quella razionale.

v. 74 "Amor che 'l ciel governi" = Dio, perifrasi

v. 76 "Rota" = movimento dei cieli

v. 77 "A sé mi fece atteso" = ha attirato la mia attenzione

v. 80 "Che pioggia o fiume..." = mai pioggia molto forte o fiume che straripa, non fecero un lago così esteso e ampio.

v. 84 "Acume" = forza

v. 85 "Ella" = Beatrice / "Che vedea me sì com'io" = Beatrice com'è normale, essendo un'entità angelica, legge nei pensieri di Dante

v. 88 "Ti fai grosso" = ti rendi ottuso

v. 89 "Falso imaginar" = credere una cosa che è sbagliata. Dante pensa ancora di essere sulla terra ferma e invece sta lievitando verso l'alto.

v. 90 "L'avessi scosso" = rimosso l'errore

v. 92 "Folgore" = fulmine / "Sito" = luogo naturale

Perché fa il paragone tra la velocità di Dante e quella del fulmine? La luce ha la velocità maggiore che esista in assoluto. E la luce ai tempi di Dante, era rappresentata dal fulmine. Il fulmine risulta essere un'anomalia: il fuoco per natura tende verso l'alto mentre il fulmine è l'unico fuoco che scende nell'opposta direzione, verso il basso, ad una velocità pazzesca. E quindi lui fa questo esempio. Dante crede cose che non sono vere, non accorgendosi che sta volando ad una velocità molto maggiore di quella di un fulmine.

v. 94 "Disvestito" = liberato

v. 96 "Più fu' inretito" = è subito preso da un nuovo dubbio, non appena Beatrice gli ha sciolto l'altro / "Inretito" = essere preso in una rete, intrappolato. Rende quasi visivamente l'idea di una rete, che rappresenta il suo dubbio che lo prende.

v. 97 "Già contento" = perché Beatrice aveva risposto al primo dubbio / "Requievi" = si è calmato

v. 99 "Com'è trascenda questi corpi levi" = evidentemente Dante pensa di salire anche con il corpo. Poche terzine fa ci ha detto che non sapeva se salisse solo l'anima.

v. 100 "Pio sospiro" = come con Virgilio, Dante, essendo un uomo e limitato, spesso ha fatto domande o avuto dubbi che facevano sorridere.

Poi dà anche un'umanizzazione alla figura di Beatrice anche se è una divinità angelica.

v. 101 "Sembiante" = espressione

v. 102 "Deliro" = per la febbre

v. 104 "Forma" = principio

v. 104 "Alte creature" = uomini e angeli, sono il contrario di quelle creature che al v. 118 chiama "Fore d'intelligenza", cioè prive di intelligenza: gli animali e le piante.

Qui le alte creature, razionali, possono vedere l'impronta di Dio.

v. 107 "Etterno valore" = Dio, perifrasi

v. 109 "Sono accline" = partecipano

Tutte le cose che ci sono nell'universo, a seconda della condizione che hanno avuto in sorte sono più o meno vicine al loro principio, che è Dio.

Abbiamo letto solo una centinaia di versi del Paradiso, ma avete notato quante perifrasi ci sono state per dire Dio? Il primo comandamento dice di non nominare il nome di Dio invano. Quindi Dante non lo chiama mai per nome, ma sempre con perifrasi diverse che inequivocabilmente ci rimandano a Dio.

v. 112 "Porti" = fini, scopi, mete

v. 113 Quest'immagine è forse una di quelle più riciclate dopo Dante, il "mar de l'essere". Immagine grandiosa, eccezionale per indicare la molteplicità di tutto ciò che esiste e che nell'ottica dantesca la molteplicità che Dio ha voluto che esistesse perché Dio è origine e fine di ogni cosa.

Per spiegare questo concetto che potrebbe non essere semplice, Dante utilizza 3 esempi. Come al solito paragoni con cose terrene.

v. 115 "Questi" = questo ordine che fa sì che... / "Inver' la luna" = verso l'alto

v. 116 "Ne' cor mortali è permotore" = nei cuori mortali ci sia vita

v. 117 "Stringe e aduna" = attira verso di sè tutte le cose, forza di gravità

v. 118 "Pur" = soltanto / "Fore d'intelligenza" = prive di razionalità

v. 120 "Ma quelle c'hanno intelletto e amore" = la freccia non colpisce questi esseri, ma solo quelli razionali che hanno intelletto e amore. Ricorda "Donne ch'avete intelletto d'amore", della Vita Nova. E poi ricorda anche il Purgatorio, canto XXIV quando Dante parla con Bonaggiunta Orbicciani. Quando Bonaggiunta dice a Dante "ah ma sei tu quello che scrive con lo stile dolce e nuovo". A quale testo si riferiva? A "Donne ch'avete intelletto d'amore"!!

v. 121 "Assetta" = riordina

v. 122 "Fa 'l ciel" = dell'Empireo

Che contiene dentro di sè quello più veloce, il Primo Mobile, che è l'ultimo dei 9 cieli.

v. 124 "Sito decreto" = destinazione stabilita

v 125 "Corda" = dell'arco di cui parlava prima

v. 126 "Scocca" = la freccia / "In segno lieto" = in segno preciso

v. 127 "Vero è che, come forma non s'accorda..." = Attenzione, nuovamente la teoria del libero arbitrio. Molte volte la forma dell'opera non corrisponde a quella che aveva in mente l'artista quando ha iniziato a lavorare, perché la materia non si è lasciata plasmare come lui voleva. Cioè succede anche con Dio e gli uomini. Lui ci ha fatto e ci ha dato le indicazioni, però l'uomo se vuole può deviare da un'altra parte. Come l'opera dell'artista.

v. 131 "Podere" = dato da Dio

v. 134 "Foco di nube" = fulmine

v. 135 "L'atterra torto da falso piacere" = allo stesso modo l'inclinazione naturale degli uomini spinge la creatura verso falsi piaceri. Dio dà un impeto però l'uomo può decidere di seguire un'altra strada, come il fulmine che va verso il basso e non verso l'alto, l'uomo può deviare verso il male e non verso il bene come suggerisce Dio.

v. 140 "Impedimento" = peccato / "Assiso" = rimasto sulla terra

v. 141 "Com'a terra quiete in foco vivo" = come se il fuoco stesse fermo al posto che andare verso l'alto.