Canto XVI Purgatorio

30.12.2015 14:54

Siamo nella terza cornice dove sono presenti le anime degli iracondi. La pena di queste anime è quella di essere immerse in un fumo fittissimo che impedisce loro la vista. Il contrappasso è chiaro: in vita erano accecati dall’ira, ora sono accecati dal fumo lì presente.

La descrizione dei primi versi richiama quella dell’inferno, narra infatti il buio di questa cornice causato dal fumo, assimilabile a quello causato dall’assenza di astri nell’inferno.

V9 “l’omero m’offerse” ancora una volta perdiamo la percezione che Virgilio è un anima.

V16-18 Dante sente delle voci, e ognuna di queste sembrava pronunciare delle preghiere (“agnello di Dio” ). Le preghiere sono una componente importante di questi canti poiché il purgatorio è il luogo dove si prega così da ottenere una abbreviazione della pena.

V20-21 le anime dicevano tutte insieme la preghiera e sia la parola che la intonazione erano concordi.

V25 “nostro fumo fendi” Dante è vivo e dunque con il suo corpo “taglia” il fumo della cornice.

V34 “mi lece”= mi è concesso.

V39 “infernale ambascia” ha un duplice significato. Il primo puramente letterale indica la fatica provata alla vista della sofferenza infernale, il secondo indica la fatica del viaggio vero e proprio.

V42 “fuor de moderno uso”=inusuale per l’età moderna. Infatti questo viaggio nell’aldilà nella storia dell’uomo fu concesso solamente a tre persone: Dante, Enea e San Paolo.

V45 “le tue parole saranno la nostra guida”.

V46 “lombardo” indica il fatto di essere italiano. “Lombardo fui e fui chiamato marco” è un chiasmo. Questo verso richiama quello del VI canto del paradiso, il canto di Giustiniano. Anche in quel caso Giustiniano si presentò con un celebre chiasmo dove viene rimarcato la vanità di ciò che si è stati in vita rispetto all’aldilà.

V47 “del mondo seppi”= ebbi esperienza della vita del mondo.

V50-51 Marco chiede a Dante di pregare per lui così da poter abbreviare la permanenza in purgatorio.

V52-63 Dante promette a Marco di pregare per lui. Gli chiede inoltre quale sia la ragione della cattiveria presente sulla terra così che potesse divulgarla e chiarire definitivamente questo argomento. Sulla terra infatti c’era chi attribuiva la colpa al cielo o alle azioni degli uomini. Dante aveva già chiesto spiegazioni su questo aspetto nel XIV canto a Guido del Duca.

V64 l’anima emette un gemito di dolore.

V67-71 nel mondo gli uomini sono soliti dare la colpa di ciò che accade al cielo come se questo governasse il mondo intero. Se così fosse però non esisterebbe il libero arbitrio-->Dio non ha potere sulla vita dell’uomo seppur sia l’unica “autorità” alla quale soggiace la volontà dell’uomo.

V71-72 senza il libero arbitrio però poiché la volontà delle azioni non risiede negli uomini ma negli astri non sarebbe giusto premiare qualcuno per le azioni positive o punire qualcun’altro per quelle negative.

V75 a voi è stato dato un libero arbitrio per distinguere il bene dal male.

V82-83 Dunque se il mondo è corrotto la ragione non sta nel cielo o negli astri, ma nelle azioni dell’uomo stesso.

Dante condensa questa considerazione nella “teoria cristiana” dell’anima che una volta creata agisce d’istinto poiché non ha esperienza del mondo e l’unica cosa che conosce è il suo “lieto pastore” (Dio), è favorevolmente disposta verso questo. Quando per la prima volta l’anima sente l’odore di un bene terreno attraente, gli va dietro non sentendo più dunque il bisogno di andare dietro al suo creatore--> è necessaria la presenza di una autorità che faccia rispettare le leggi.

V98-99 è una metafora con cui evidenzia la difficoltà nel far rispettare le leggi. Nominando la figura del pastore è chiaro il riferimento al papa, autorità che ha confuso i due poter temporale e spirituale e ha dato dunque un pessimo esempio all’uomo.

V106 “Roma fece il mondo buono” perché è stata la più grande civiltà del mondo e perché sotto il suo impero nacque e morì Cristo (impero provvidenziale).

109-110 a Roma furono uniti i due poteri temporale e spirituale nelle mani di una unica autorità-->viene a mancare il rispettivo freno reciproco necessario perché ogni autorità compi scrupolosamente il suo dovere.

V132 I Levi furono esentati dalla eredità per evitare quel fenomeno per cui chi più ha più vuole.

V140 non sappiamo nulla sulla identità di questa Gaia (nemmeno di Gherardo) ma certamente doveva essere un personaggio importante, lo capiamo dal particolare patronimico utilizzato: è rovesciato. Le notizie che abbiamo sul suo conto sono discordanti alcune dicono che era una donna piena di virtù, altre invece la raffigurano come una donna lussuriosa.