Canto XXI Purgatorio

30.12.2015 14:55

Siamo nella quinta cornice dove sono presenti le anime degli avari e prodighi, che stano insieme perché pur avendo un comportamento opposto il peccato è analogo. Questo canto, assieme al XXII, è detto canto di Stazio. Stazio era un poeta latino di età imperiale e protagonista di questi due canti. Le anime qui presenti sono tutte distese a terra con mani e piedi legati, il contrappasso è come in vita sono stati legati ai beni terreni ora hanno mani e piedi legati e come in vita hanno volto lo sguardo ai beni terreni ora sono distesi e a terra proni (a faccia in giù).

All’inizio del canto Dante fa due riferimenti ai testi sacri. Il primo riguarda l’episodio della donna samaritana a cui Gesù chiede dell’acqua. In questo episodio risulta evidente un concetto aristotelico, già espresso da Dante nel Convivio, ossia il fatto che l’ignoranza lo spinge alla conoscenza. Il secondo riferimento è quello di Gesù che dopo essere risorto si ritrova sulla via di Emmaus con due discepoli che non sono a conoscenza della sua identità ma con i quali passa l’intera giornata e a cui si rivela solamente alla cena. Allo stesso modo qui Virgilio e Stazio interagiscono ma non sanno reciprocamente le loro identità che saranno rivelate solamente al termine del dialogo tra i due.

Successivamente Dante e Virgilio chiedono a Stazio quale fosse l’origine di alcuni fenomeni fisici avvertiti poco prima (ad esempio un terremoto), Stazio da la sua spiegazione e qui emerge il concetto (stabilito da San Tommaso) della volontà della pena purgatoriale per cui l’anima rimane nel purgatorio, luogo assegnatoli da Dio, fino a che non sente liberamente la volontà di ottenere quella che Dante chiama “miglior soglia” ossia una collocazione migliore. Tuttavia la volontà dell’anima corrisponde a quella di Dio, le anime vogliono quello che Dio vuole, le anime possono ambire a una sede migliore solamente quando Dio lo vorrà--> la volontà che si adegua a quella di Dio nella accettazione, nella durata e nella fine della punizione.

Stazio era un poeta di età imperiale molto famoso, ricevette l’incoronazione poetica, e dichiarò la sua ammirazione per l’Eneide che definisce “mamma” e “nutrice”. Importante è l’affermazione di Stazio che dice che avrebbe voluto vivere ai tempi di Virgilio e conoscerlo. Alla fine del dialogo Virgilio rivela la sua identità e Stazio gli si getta ai piedi abbracciandolo, Virgilio però lo fa alzare probabilmente per modestia e consapevole che ciò che si è stati in vita nell’aldilà non conta più--> la grande fama che si era fatto sulla terra in quella situazione non ha nessuna valenza e dunque non si considera degno di farsi abbracciare i piedi.

V1 “sete natural” è la sete di sapienza.

V4 Dante cammina veloce poiché sa che in paradiso troverà Beatrice e non vede l’ora di incontrarlo.

V7 “come scrive luca” testimonia la forte precisone dantesca nel narrare le vicende.

V10 “ci” è da intendere come “qui” e non “a noi” perché Dante e Virgilio camminano a testa bassa per fare attenzione alle anime che giacciono per terra così da non correre il rischio di calpestarle--> anche se l’anima fosse comparsa davanti a loro, questi non l’avrebbero vista.

V13 il saluto con cui l’anima si presenta a Dante e Virgilio è il medesimo usato da Gesù sulla via di Emmaus verso i due discepoli.

V18 attenzione che il Limbo fa sempre parte dell’inferno anche se fuori dalle mura di Dite.

V22 “segni” sono le “p” incise dall’angelo custode sulla fronte di chi entra nel purgatorio. Con questa affermazione sembra essere avvalorata l’ipotesi per cui tutte le anime del purgatorio abbiano queste “p” e non solo alcune.

V26-27 perifrasi per indicare che Dante è vivo.

V31 “ampia gola” perché l’inferno è a forma di cono rovesciato (assomiglia a una gola).

V33 Virgilio è allegoria della ragione umana e può essere utile a spiegare il perché delle cose terrene, sulle cose celesti è insufficiente ed proprio qui che interviene la teologia (Beatrice).

V39 Con la parola “sete” si allude sempre a una sete di sapere.

V43 la quinta cornice, e in generale tutto il purgatorio, è immune da tutte le perturbazioni terrestri poiché siamo fuori dalla atmosfera terrestre--> quello che Virgilio e Dante avevano sentito non poteva essere un terremoto.

V50 “figlia di Taumante” è una perifrasi con la quale si allude all’arcobaleno.

V52 “secco vapor” è il vapore che genera i terremoti. Nel medioevo si credeva che le perturbazioni atmosferiche fossero causate da tre vapori: vapore umido che genera le precipitazioni, secco sottile che genera i venti, e secco denso (quello in questione) che genera i terremoti.

V58 “ci” vale come “qui” e non “a noi” per la stessa motivazione data prima (V10).

V63 “alma”= anima.

V63 “e di voler le giova”= e di questo ne trae giovamento.

V64 L’anima già da prima che Dio glielo concede, desidera andare in paradiso, ma è impedita dal desiderio. Questa è la pena che Dio da alle anime: da loro un desiderio che tormenta l’anima facendole desiderare qualcosa per la quale deve però attendere.

V67-68 Stazio è morto da circa 1200 anni, se risiede qui da 500 significa che gli altri 700 li ha passati nell’antipurgatorio.

V74 riprende la metafora delle sete di sapere con la quale ha aperto il canto.

V78 “ci” significa “qui” e non “a noi”.

V79 “piacciati ch’io sappia” = fammi il favore.

V82 sembra esserci un altro dei tanti errori storici di Dante. Con questa espressione “tempo del buon tito” Dante allude al momento in cui Tito fu mandato dal padre Vespasiano a distruggere Gerusalemme e non quando Tito era imperatore (lo fu solamente per 2 anni).

V83-84 = vendicò le ferite da cui uscì il sangue di Cristo venduto da Giuda.

Per Dante Roma aveva vendicato, con la distruzione di Gerusalemme, l’uccisione di Cristo. Questo perché Dante crede nella predestinazione--> Dio aveva scelto Roma come l’impero provvidenziale sotto il quale far nascere e morire suo figlio.

V89 “tolosano” è un errore. Dante confonde Stazio poeta latino con Stazio retore medievale nativo di Tolosa.

V90 = dove ricevetti l’incoronazione poetica. In questo verso Dante parla di mirto, che pur essendo una pianta legata al culto della dea Venere non a nulla a che fare con il classico alloro con cui si fa la corona.

V93 = morì durante la composizione della seconda opera (Achilleide).

V95 “divina fiamma” è l’Eneide.

V96 “illuminati più di mille” è una iperbole.

V97-98 Stazio considera l’Eneide “mamma” e “nutrice”. In questo Dante e Stazio sono simili: entrambi provano ammirazione verso Virgilio e la sua opera, che è stata la guida per la loro fama poetica.

V100-102 Stazio dice di essere disposto a restare anche un anno in più purgatorio pur di avere la possibilità di conoscere Virgilio.

V103-104 Virgilio sente le parole Stazio e fa un cenno a Dante per farlo zittire.

V105 = ma la volontà non può tutto.

V108 quanto uno è più sincero tanto meno è capace di fingere. Dante in questa situazione è “stretto” tra due fuochi: Stazio che non sa che sta parlando con Virgilio e Virgilio stesso che gli dice di tacere e non svelare la sua identità.

V118-119-120 Virgilio permette a Dante di parlare e svelare la sua identità.

V122 “antico” ha due valenze: è usato come dato oggettivo perché Stazio è morto da 1200 anni ma ha indica anche un rispetto verso Stazio.