Canto VI Paradiso

30.11.2016 20:09

Questo è il terzo ed ultimo canto politico, dopo quello su Firenze nell'Inferno, quello sull'Italia nel Purgatorio ora Dante ci narra dell'Impero.

Siamo nel secondo cielo, quello di Mercurio, dove si trovano gli spiriti che operarono per la gloria terrena.

E' il cosiddetto canto di Giustiniano (G) perché infatti è lui che parla per tutto il canto. Dante e Beatrice hanno incontrato Giustiniano nel canto precedente dove in chiusura Dante aveva fatto una domanda a Giustiniano. Dal testo decuciamo che Dante gli avesse chiesto chi fosse, cosa avesse fatto in vita. Tant'è vero che dopo aver risposto, Giustiniano gli dirà che avrà risposto alla sua domanda.

Giustiniano è stato uno dei più grandi imperatori dell'impero romano d'oriente. E' stato imperatore dal 527 in poi finché non è morto. Ed è qui ricordato soprattutto come l'artefice del Corpus Iuris Civilis (CIC), cioè la revisione del corpo di leggi romane che non era mai stata fatta in 1000 anni di storia legislativa di Roma. E' stata un'opera imponente: il primo codice di leggi di Roma sono state le XII tavole, nel 451 a.C. Qui siamo nel 500 circa, sono passati 1000 anni! Pensate quanta fuffa c'era dentro, leggi che non avevano motivo di esistere perché non ce n'erano più i presupposti, leggi che si contraddicevano tra di loro. Il CIC, è fondamentale perché nonostante le perplessità di Bugamelli che non capisse cosa stessi dicendo, tutte le codificazioni degli Stati moderni, si basano su questo Corpus. Quindi è veramente la base di tutti i codici civili dell'età moderna, degli Stati attuali.

Giustiniano sta in Paradiso chiaramente. Dante ci dice che anche la sua opera era stata voluta da Dio, che ha scelto G perché la scrivesse. E' chiaro che la figura di G ci appare quasi perfetta e non potrebbe essere alrimenti dato che sta in Paradiso. Questo non vuol dire che lo sia stato veramente in vita, nella realtà. E' una scelta di Dante quella di omettere le brutture, gli aspetti negativi dell'impero di G e focalizzarsi solo su ciò che ha fatto di buono lui.

In apertura del canto nel primo verso viene nominato Costantino detto il Grande, che fu imperatore dal 306 fino alla sua morte. Fu colui che trasferì la capitale a Bisanzio, in Oriente. Fu colui che dette il via con la famosa donazione di Costantino al potere temporale della Chiesa, che poi Valla scoprì durante l'umanesimo quando nasce la filologia, essere in realtà un documento falso.

E' stato un imperatore importantissimo, anche perché, pensando all'ottica religiosa di Dante, si è convertito al cristianesimo e ha fatto del cristianesimo la religione ufficiale di Roma.

La caratteristica di questo canto: ampia introduzione di 3 terzine, che si giustifica perché il livello di questo canto sarà così alta, la materia così importante che necessita di un'introduzione adeguata. Protagonista di questo canto non è G, che è quello che parla, ma l'aquila, simbolo dell'impero di Roma che qui chiama inizialmente aquila e poi sacrosanto segno. L'aquila è il soggetto grammaticale di ciò che dice G, ma è anche il soggetto logico. Nel senso che è la dimostrazione della provvidenzialità dell'impero romano: il fatto che Roma fosse predestinata da Dio a diventare quello che diventerà già tempo prima che nascesse il cristianesimo! Il volo dell'aquila parte da Enea a Troia! Quindi ancora molto lontani dal cristianesimo, però Dio aveva già progettato tutto.

Beatrice assiste in silenzio alle parole di G, non interviene mai. La logica ci farebbe pensare che lo faccia essendo un discorso più politico che teologico, essendo Beatrice allegoria della teologia. In realtà le parole di G non sono parole di sola politica. Ma politica che serve a legittimare il potere di Dio. Politica e religione sono assolutamente legati. Beatrice ha assolutamente il diritto di intervenire ma sceglie di non farlo. Questo forse perché il suo intervento avrebbe scalfito la solennità di questo canto.

 

v. 2 "Contr'al corso del ciel..." = la direzione normale del cielo è quella del Sole, quindi da est a ovest. La direzione contraria è quella da ovest a est. Costantino infatti trasferisce la capitale a Bisanzio, quindi da occidente la porta ad oriente, in direzione contraria a quella del sole.

v. 3 "L'antico" = Enea, che era arrivato nel Lazio, accolto dai latini, da Latino, la cui figlia Lavinia doveva sposare il re Turno e che invece sposerà Enea alla fine della guerra tra Rutuli, Latini e Troiani.

v. 4 "Cento e cent'anni..." =la capitale dell'impero rimase lì per più di 200 anni nella parte orientale dell'Europa vicino ai monti da dove l'aquila era partita. Bisanzio tutto sommato era vicino a Troia, sono entrambe in Asia minore, quindi non è lontanissima.

Qui però vediamo il primo di una serie di errori storici che vedremo in questo canto da parte di Dante. La capitale in realtà rimase in oriente per meno di 200 anni. E' molto probabile che Dante abbia usato qui, come farà in altri punti del canto, delle formule che avevano degli errori, attingendo da fonti sbagliate e quindi sbagliando di conseguenza.

v. 7 "Sacre penne" = sotto il simbolo dell'aquila

v. 8 "Lì" = in oriente / "Di mano in mano" = passando da imperatore a imperatore

Qui finisce quest'introduzione e c'è quel verso che abbiamo già citato più volte, molto famoso.

v. 10 "Cesare fui e son Iustiniano" = forse l'esempio più famoso di chiasmo, in cui tutti e quattro gli elementi sono in posizione di rilievo. Il primo è il titolo, l'ultimo è il nome, al centro lo stesso verbo in due tempi verbali diversi. E questo ci dà la dimostrazione di una cosa che già sappiamo, ce ne aveva parlato anche Catone nel Purgatorio: qualunque sia stata la nostra condizione e la nostra attività in vita, dopo la morte resta l'individualità, ma tutto il resto si perde. Per cui fu imperatore, ma il titolo e il fatto che lui sia stato l'uomo più potente sulla terra non contano più.

v. 11 "Per voler del primo amor..." = ampia perifrasi per indicare lo spirito santo

v. 12 "D'entro le leggi trassi..." = eliminò dalle leggi, dal codice vigente, tutto ciò che ormai era superfluo, contraddittorio e inutile. Ci anticipa appunto la sua attività più importante, o per lo meno tale è nella Divina Commedia, che è il CIC.

v. 13 "E prima ch'io a l'ovra..." = qui Giustiniano confessa un suo momento di eresia, dicendoci che prima di decidere di dedicarsi al Corpus, lui era un monofisita: l'eresia predicata da Eutiche che credeva che in una sola natura di Cristo e cioè quella divina, che annullava quella umana. Per la Chiesa questa convinzione è un'eresia.

Qui vediamo il secondo errore storico. Benedetto Agapito, che fu papa con il nome di Agapito I, fu papa dal 533 al 536, ed è vero che "convertì" G al cristianesimo: si incontrarono, parlarono molto e G fu convinto dai colloqui con Agapito ad abbracciare il cristianesimo. Questa è la storia vera. L'errore è che G ci ha detto che è diventato cristiano prima che iniziasse il Corpus. Però Agapito fu eletto papa nel 533 e i lavori del Corpus iniziarono nel 528!! Dante si fondava su documentazioni non corrette.

v. 21 "Ogne contradizione..." = ciò che c'è nella fede cristiana lo vede così chiaramente come si può vedere come ogni contraddizione è costituita da due elementi: uno falso e uno vero. Qui propone il principio di non contraddizione di Aristotele: forma di logica in cui inevitabilmente in un contraddittorio uno dei termini è falso e l'altro è vero.

v. 22 "Tosto che con la Chiesa..." = non appena cominciò a muoversi in conformità con i principi cristiani

v. 24 "Alto lavoro" = CIC

v. 25 "Al mio Belisar commendai l'armi..." = affidò il comando dell'esercito a Belisario che fu il generale più valoroso di G, fece tante guerre e le vinse praticamente tutte. Fece di tutto e fu una persona fedele e leale a G. Come sempre accade in queste circostanze però, tanta grandezza genera altrettanta invidia. Quindi fu messa in giro una leggenda che proprio in virtù delle cattive voci messe in giro, G avesse chiesto giustificazione di quanto gli arrivava alle orecchie a Belisario e non contento della risposta gli avrebbe confiscato i beni, lo avrebbe accecato, imprigionato e poi cacciato via facendolo morire in assoluta miseria. In realtà questo non è vero, è una leggenda. Però è vero che storicamente ci sono stati dei torti di G nei confronti di Belisario. Se Dante ne era a conoscenza o meno, se Dante abbia usato a scopo puramente poetico le notizie vere o false che aveva a disposizione, questo è difficile dirlo.

Sta di fatto che in questa terzina, in cui Belisario è nominato, Dante ce lo presenta come uomo protetto da Dio durante le azioni militari che aveva fatto, perché le aveva vinte tutte.

v. 26 "Congiunta" = favorevole

v. 27 "Posarmi" = riposarsi dalle guerre per dedicarsi completamente al CIC

v. 28 "Or qui a la question prima s'appunta..." = G dice che a questo punto termina la risposta alla prima domanda di Dante. Ma la natura di questa risposta è tale che lo costringe a continuare a parlare, a dire altre cose.

v. 31 "Perché tu veggi con quanta..." = perché Dante possa vedere con quanta ragione (forte ironia di Dante!!!) si muove contro l'aquila, sia i ghibellini (= "chi 'l s'appropria"), sia i guelfi (= "chi a lui s'oppone").

v. 34 "Vedi quanta virtù..." = il soggetto è sempre il sacrosanto segno!

v. 35 "E cominciò da l'ora..." = Dante qui fissa il momento esatto in cui secondo lui inizierà l'epopea romana. Pallante, che conosciamo da Virgilio nell'Eneide, figlio di Evandro, era amico ed alleato di Enea ed è il primo soldato che muore nella guerra tra Troiani e Rutuli nel lazio. Agli occhi di Dante, Pallante è il primo caduto di Roma, il primo uomo morto perché potesse nascere qualcosa che poi sarebbe diventata nei secoli Roma. Mai come in questo punto Dante e Virgilio sono stati vicini, in questo punto si fondono Divina Commedia ed Eneide.

Dal prossimo verso in poi inizia la descrizione del volo dell'aquila, che è partita da oriente da Troia ed è arrivata fino ai giorni di Dante. Poi una terzina copre la preistoria di Roma, una terzina l'età monarchica, 4 terzine l'età repubblicana e poi comincia l'età imperiale che invece è molto più lunga, fino al v. 96. Perché tanta differenza? Con l'età imperiale Dante non ci racconterà solo strettamente l'età imperiale della storia romana antica, ma l'età imperiale che arriva fino a lui. C'è stato Carlo Magno, la fondazione del Sacro Romano Impero e Dante confida ancora nell'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, considerato come colui che potrebbe riunire la nazione, riportare la pace. Per lui quella è tutta età imperiale, ecco perché è molto più estesa delle altre.

Cominciamo a vedere la preistoria di Roma:

Ogni volta che cambia epoca comincia sempre con la stessa dicitura: tu sai cos'ha fatto quel sacrosanto segno (= "tu sai ch'el fece")

v. 38 "Infino al fine..." = qui è facile capire il discorso. Lui sa cos'ha fatto il sacrosanto regno da quando Ascanio ha fondato Albalonga, che fu sede di Ascanio e di tutti i suoi discendenti per più di 300 anni, fino a quando fu fondata Roma e la prima battaglia di Roma fu quella che oppose 3 contro 3, gli Orazi e i Curiazi.

v. 40 "Sabine" = il ratto delle Sabine: Roma è stata fondata, però c'erano solo uomini, mancavano le donne. Quindi i romani non sapendo come fare, andarono a rapire le Sabine.

v. 41 "Dolor di Lucrezia" = Lucrezia, moglie di Collatino, che fu oltraggiata ed ingiuriata dal figlio di Tarquinio il Superbo, settimo re di Roma. Nonostante il marito e il padre cercarono di consolarla, perché non aveva colpa, non regge l'onta del disonore e si uccide. La morte di Lucrezia segna per i nobili del tempo il momento per ribellarsi e cacciare Tarquinio il Superbo. Ma la sua cacciata è anche il momento che dà inizio all'età repubblicana, che accade nel 509 / "In sette regi" = Dante accetta la leggenda dei 7 re di Roma. E' una leggenda innanzitutto perché i primi 3 sono leggendari e non storici. Ma al di là di questo dato, dalla fondazione di Roma alla fine dell'età monarchica passano quasi 250 anni. Che significherebbe che ognuno dei 7 re avrebbe dovuto regnare per 35 anni di media, cosa impossibile.

Vediamo le terzine sull'età repubblicana che sono 4. Il soggetto è sempre il sacrosanto segno, l'aquila imperiale.

v. 46 "Cirro negletto" = capello disubbediente, sta parlando di Cincinnato. Era chiamato così perché era ricciolo.

Qui fa un volo veramente ampio perché parte da Brenno, che era calato in Italia e voleva scendere su Roma. Poi parla della guerra con Taranto, che aveva chiesto l'aiuto di Pirro re dell'Epiro. Qui Pirro e i Tarantini vinsero, però di misura, tant'è vero che anche oggi, una vittoria che costa troppo si dice vittoria di Pirro. Poi parla di Torquato che vinse i Galli, il famoso Cincinnato e la famiglia dei Deci e Fabi, famiglie più antiche e autorevoli di Roma.

v. 49 "Esso" = sacrosanto segno

Qui è chiaro che parla dei Cartaginesi (= "li Arabi"). Fa un anacronismo simile a quello che aveva fatto nel primo canto dell'Inferno, quando, apparso Virgilio, gli dice che i suoi genitori erano Lombardi, di patria mantovana tutti e due. E' vero che con Lombardia si indicava tutta l'Italia settentrionale, ma questo è un termine che viene usato dopo Dante, per cui è un anacronismo. Allo stesso modo anche qui, allargare ai Cartaginesi l'aggettivo Arabi è un anacronismo, ma Dante lo fa perché durante il suo tempo, gli Arabi effettivamente occupavano tutta la costa dove sorgeva Cartagine.

v. 52 "Sott'esso" = sacrosanto segno

v. 52 "Giovanetti triunfaro" = trionfarono giovani perché non avevano raggiunto nessuno dei due i 25 anni, quando Scipione vinse Annibale a Zama e Gneo Pompeo quando celebrò il primo trionfo.

v. 54 "Parve amaro" = risultò amaro il sacrosanto segno, perché causò grande dolore a quel colle sotto il quale Dante è nato. Si riferisce alla distruzione di Fiesole che sorge su un colle sotto al quale c'è Firenze, dove Dante è nato.

Qui finisce l'età repubblicana, la distruzione di Fiesole è avvenuta a seguito della sventata congiura di Catilina, quindi la fine dell'età repubblicana. Di lì a poco nasce l'impero.

Dante lo fa iniziare un po' prima, perché lui è uno di quelli che ritiene essere Cesare il primo imperatore.

v. 56 "A suo modo sereno" = volle il mondo sereno così come sono sereni i cieli in cui Dio vive e regna.

v. 57 "Il tolle" = si appropria dell'aquila, del simbolo dell'impero

v. 58 "E quel che fé da Varo..." = ci indica la Gallia tracciandone il confine occidentale settentrionale con i nomi di Varo e Reno che sono i fiumi che segnavano questo confine. E poi ci indica tutte le conquiste che Cesare fece in quei territori nominando i fiumi che li bagnano.

v. 59 "Era" = Loira probabilmente

v. 62 "Saltò" = oltrepassò / "Volo" = rciorda il folle volo di Ulisse nell'Inferno

Il passaggio del Rubicone di Cesare che si è rifiutato di deporre le armi, ha significato l'inizio della guerra civile con Pompeo, ma soprattutto il fatto che essendo lui dopo il vincitore tra i due, dà origine ad un potere a tutti gli effetti dittatoriale, che per Dante significa l'inizio dell'Impero.

Adesso vediamo come Dante ci descrive la guerra civile tra Cesare e Pompeo.

v. 64 "Stuolo" = esercito

v. 65 "Percosse" = colpo decisivo

v. "Sì ch'al Nil caldo si sentì..." = fino all'Egitto

v. 67 "Antandro" = porto da dove Enea era partito dopo l'incendio di Troia / "Simeonta" = uno dei due fiumi che lambivano Troia.

Dice quindi che l'aquila rivide i luoghi da dove era partita e anche il luogo dove Ettore riposa.

v. 69 "E mal per Tolomeo..." = l'aquila riprende a volare, sfortunatamente per Tolomeo perché i romani arrivano fino a in Egitto. Era arrivato prima Pompeo e il faraone, pensando di fare cosa gradita a Cesare, lo fa uccidere e quando arriva Cesare gli offre la testa su un vassoio d'oro. Cesare non gradisce affatto e il risultato è che destituisce Tolomeo e al suo posto mette Cleopatra.

v. 70 "Iuba" = re della Mauritania. La Mauritania non sta sotto all'Egitto anche se qui dice che scese come un fulmine (= "folgorando"). In realtà la Mauritania sta di fianco, verso la Libia e la Tunisia. Perché dice scese? Possiamo pensare che Dante conoscesse poco la geografia. Oppure più semplicemente commette questo errore apposta pur di rendere l'idea dell'aquila che si muove come un fulmine e che quindi si abbatte su qualcosa, con moto discendente.

v. 71 "Vostro occidente" = l'occidente rispetto all'Italia è la Spagna

In Spagna ci fu la battaglia di Munda, luogo in cui si erano riuniti i superstiti dell'esercito pompeiano.

v. 73 "Baiulo" = colui che porta qualcosa, quindi anche governatore. In senso lato intende l'imperatore, e qui parla chiaramente di Ottaviano, che secondo lui è il secondo imperatore.

v. 74 "Bruto con Cassio..." = sono i Cesaricidi e fu Ottaviano a punirli per il loro gesto / "Latra" = si lamentano

v. 75 "Modena e Perugia" = città che erano occupate da Marcantonio che furono per gran parte distrutte dopo la sconfitta di Marcantonio ad opera di Ottaviano.

v. 76 "Piangene ancor la trista..." = Marcantonio si era alleato con Cleopatra

v. 77 "Innanzi" = al sacrosanto segno / "Colubro" = serpente

v. 79 "Con costui" = il sacrosanto segno con Ottaviano / "Lito rubro" = mar Rosso

v. 81 "Che fu serrato a Giano..." = il tempio di Giano a Roma aveva le porte aperte per dire che Roma era in guerra, chiuse se erano in pace. Le porte del tempio erano sempre aperte perché Roma era sempre in guerra con qualcuno.

v. 82 "Ma" = quest'avversativa che introduce il prossimo verso ci dice che tutto quello che il sacrosanto segno ha percorso, anche se è stato tantissimo, non è niente in confronto a quello che sta per venire. Perché sotto Ottaviano nasce Cesare, sotto Cesare nasce Gesù, sotto Tiberio Gesù muore e sotto i successivi imperatori Dio si vendicherà di ciò che gli uomini hanno fatto contro di lui.

v. 84 "Regno mortal" = Roma / "Soggiace" = rappresenta

v. 85 "Scuro" = nulla

v. 86 "Terzo Cesare" = Tiberio

v. 87 "Occhio chiaro" = fede cristiana

v. 89 "In mano a quel ch'i' dico" = a Tiberio

v. 90 "Ira" = l'ira legata al peccato originale di Adamo ed Eva. La prima punizione è quella della morte di Gesù che serve a liberare l'uomo dal peccato originale, ma sotto Tito con la distruzione di Gerusalemme, si punirà quel popolo che aveva decretato la morte di Gesù cristo. Quindi una sorta di vendetta della vendetta.

Anche qui c'è un errore storico: è vero che Gerusalemme fu distrutta da Tito, ma questo accadde nel 70. Tito era generale di suo padre Vespasiano che era imperatore, mentre invece qui, da come parla Dante sembrerebbe che Tito è imperatore. Lo diventerà, ma dopo questi fatti di cui sta parlando. Sicuramente è stato lui a guidare l'esercito romano in Israele e a operare la distruzione del tempio di Gerusalemme.

v. 94 "E quando il dente longobardo..." = i Franchi sono sempre stati fedeli cristiani sostenitori del papato, come abbiamo visto nell'Adelchi (i Franchi arrivano e sconfiggono i Longobardi, appoggiando la Chiesa)

v. 98 "Di sopra" = all'inizio del canto, dove in modo ironico aveva parlato di guelfi e ghibellini

v. 100 "L'uno al pubblico segno..." = uno contrappone al segno dell'impero dell'aquila i gigli gialli di Francia, simboli del regno di Francia. L'altro invece si appropria del sacrosanto segno per farne un simbolo di partito. Così è difficile vedere chi dei due commetta più sbagli.

v. 106 "Carlo novello" = nuovo rispetto a quello vecchio. Carlo II nuovo rispetto al Carlo I di Francia.

v. 107 "Artigli" = dell'aquila

v. 108 "Ch'a più alto leon trasser..." = metafora per dire che i Romani hanno sconfitto popoli e sovrani molto più forti e potenti di loro

v. 111 "Trasmuti l'armi..." = non pensi che Dio possa prediligere la casa d'Angiò

v. 112 "Questa picciola stella..." = siamo nel cielo di Mercurio, quindi questa piccola stella è proprio Mercurio.

v. 113 "Attivi" = che hanno operato in vita

v. 115 "E quando li disiri poggian quivi..." = sono spinti dal desiderio di cose terrene

v. 117 "Amore" = per le cose divine / "Men vivi" = con minore intensità

v. 118 "Gaggi" = premi

v. 119 "Letizia" = beatitudine

v. 120 "Maggi" = maggiori

v. 121 "La viva giustizia" = ovviamente quella divina

v. 122 "Affetto" = sentimenti

v. 123 "Torcer" = dirigersi

v. 124 "Diverse voci fanno dolci note" = diverse voci producono diverse note, tutte in armonia tra di loro.

Qui Dante allude alla polifonia: i canti gregoriani che nascono proprio in questo periodo e che sono caratterizzati dalla polifonia si accordano bene all'idea di polifonia dell'universo. Tutto è polifonico in Dio che armonizza tutte le voci dell'universo.

v. 125 "Scanni" = gradi di beatitudine

Qui compare l'ultimo personaggio:

v. 125 "E dentro a la presente margarita" = dentro il cielo di Mercurio

v. 129 "Romeo" = Romeo di Villanova, ministro di Raimondo Berengario, conte di Provenza. La leggenda vuole che Romeo fosse arrivato in Provenza alla corte di Raimondo povero e misero. Fu accolto e cominciò a collaborare con il Conte. Fu un uomo talmente onesto, leale, preparato e competente che divenne il braccio destro del Conte. E come ci dirà alla fine del canto Dante, amministrò così bene la Provenza che diede 12 per 10 e cioè aumentò notevolmente la produttività e gli introiti della contea. Però anche qui come per Belisario prima, si misero in giro delle voci. Berengario chiese ragione delle voci che gli arrivavano alle orecchie e non godendo più della fiducia del suo signore, Romeo decide di andarsene come era arrivato, quindi lasciando tutti i beni acquisiti. Se ne andò via dalla corte di Provenza senza che nessuno ne abbia mai saputo più nulla.

v. 129 "Mal gradita" = dagli invidiosi

v. 131 "Però" = perché

Perché avrà una sorte cattiva l'invidioso, colui che ritiene un danno per sè, il fare bene degli altri

v. 133 "Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina" = una sposa il re di Francia, una il re d'Inghilterra, una il conte di Cornovaglia e l'ultima Carlo I d'Angiò.

v. 135 "Peregrina" = straniera, non era di quel posto

v. 136 "Biece" = cattive

v. 140 "Il cor" = la bontà

v. 141 "Frusto" = pezzo di pane