Canto XVII Paradiso
Nel sedicesimo canto continuano a parlare: Cacciaguida gli racconta della sua famiglia, gli parla della Firenze del suo tempo. Il diciassettesimo è invece il famoso canto in cui dirà a chiare lettere a Dante che sarà esiliato. Dante gli risponde di aver già avuto la sensazione di qualcosa di brutto che gli sarebbe accaduto (nel decimo canto dell'Inferno, con Farinata).
v. 1 "Climenè" = il canto comincia con un riferimento mitologico, la madre di Fetonte. Fetonte pensava di essere figlio di Apollo, invece gli fanno sorgere il dubbio che Apollo non fosse il suo vero padre. Perciò va dalla madre per avere conferma su questa voce. Apollo per rassicurarlo, per dargli la conferma, gli dice che avrebbe esaudito un suo desiderio, ovvero quello di fargli guidare il carro del Sole. Solo che Fetonte si allontana dal cammino che avrebbe dovuto fare e Giove lo fulmina uccidendolo. Questo mito era diventato il modello, l'esempio, per dire che non sempre i genitori devono accondiscendere alle richieste dei figli. Perché se Apollo avesse continuato a impedire a Fetonte di guidare il carro, probabilmente sarebbe ancora vivo. Dante si sente come Fetonte.
v. 5 "Santa lampa" = luce di Cacciaguida
v. 6 "Sito" = nel 15 canto Cacciaguida si era spostato dalla sua posizione
v. 7 "Mia donna" = Beatrice / "Vampa" = fiamma / "Manda fuor..." = "cosa vuoi sapere?"
Le anime non hanno bisogno che Dante parli per sapere cosa vuole, perché le anime leggono nel suo pensiero e Beatrice ribadisce questo concetto.
v. 11 "Ausi" = abituarti
v. 12 "A dir la sete" = a dire quando ha sete = ad esprimere i suoi desideri
v. 13 "O cara piota mia" = cara mia radice. Nel 15 canto Cacciaguida chiama se stesso radice e Dante fronda. Quindi Dante riprende queste parole / "Insusi" = innalzi
v. 14 "Terrene" = degli uomini
v. 15 "Ottusi" = angoli
v. 16 "Contingenti" = quando avvengono, quando capitano
v. 17 "Anzi che sieno..." = prima che accadano
v. 17 "Mirando il punto..." = solo ammirando, solo grazie a Dio la cui mente è il volere di tutti
In sostanza, non è una captatio benevolentiae. Dante parla con un tono molto alto e solenne, non solo perché parla con il suo trisavolo ma perché gli sta chiedendo cosa ne sarà di lui.
v. 20 "Monte" = Purgatorio
v. 21 "Mondo defunto" = Inferno
v. 23 "Gravi" = molto pesanti
v. 24 "Tetragono" = solito ad affrontare. Letteralmente significa cubo ed è associato qui perché avendo 6 facce tutte uguali, su qualunque faccia poggi, poggia in modo solido. Lui è allo stesso modo solido e preparato.
v. 26 "Fortuna" = sorte / "S'appressa" = lo attende
v. 27 "Ché saetta previsa vien..." = perché una freccia, se prevista, arriva più lentamente.
Metafora per dire che se io mi aspetto un male, perché ho avuto la possibilità di prevederlo, questo mi colpirà un po' meno duramente che se arrivasse invece all'improvviso.
v. 30 "Voglia" = desiderio
v. 31 "Ambage" = ambiguo = nè nel modo ambiguo con cui si esprimevano gli oracoli / "Gente folle" = pagani, folli perché non conoscevano Dio
v. 37 "Contingenza" = fatti contingenti / "Quaderno" = metafora per indicare il mondo materiale su cui gli uomini vivono
v. 38 "Non si stende" = non hanno luogo
v. 39 "Dipinta" = presente nella mente di Dio
v. 40 "Non prende" = il suo moto
v. 43 "Indi" = Dio
v. 45 "Vista" = visione
Qui adesso paragona Dante ad Ippolito, Ippolito di Fedra, che abbandona Atene per colpa della madre.
v. 51 "Merca" = mercanteggia. Ovvero nella curia papale.
Dante immagina la profezia di Cacciaguida nella primavera del 1300 perché è quel momento che sta ambientando il suo viaggio. Noi sappiamo dai documenti storici, che Bonifacio VIII nel 1300 organizzava piani segreti con i Donati, neri, per cacciare i bianchi da Firenze. Questo non ci deve indurre a pensare che sia stato Bonifacio VIII a ordinare personalmente l'esilio di Dante, è poco probabile. Però sicuramente le manovre segrete del Papa ebbero come esito, tra gli altri, anche l'esilio di Dante.
v. 52 "Offensa" = vinta
v. 53 "In grido" = a gran voce / "Vendetta" = di Dio
La punizione di Dio che seguiterà a questi fatti sarà la prova provata della falsità delle calunnie fatte a gran parte dei bianchi e tra questi, allo stesso Dante.
Adesso gli dice cosa accadrà nel dettaglio ed è la parte più toccante del canto.
Ridondanza per sottolineare il fatto che Dante si dovrà separare da tutto ciò che ama di più. Sappiamo a posteriori che oltretutto non potrà mai più rivedere Firenze, non sarà una separazione temporanea.
v. 56 "Strale" = dolore
Usa questa metafora dell'esilio come un arco e la prima freccia è il fatto che se ne deve andare dalla sua patria.
v. 58 "Tu proverai sì come..." = com'è amaro dover chiedere rifugio, ospitalità.
v. 59 "Calle" = cammino / "E come è duro calle lo scendere..." = per abitare in una casa che non è sua
v. 62 "La compagnia malvagia e scempia" = i compagni di esilio, quelli che storicamente vengono chiamati fuoriusciti. Perché li chiama malvagi e scempi e poi nel verso 64 ingrati, matti ed empi? (Chiaramente Dante fa solo dei cenni perché essendo fatti contemporanei tutti lo conoscevano, non aveva bisogno di essere preciso nei minimi dettagli). Si esprime in modo molto pesante sui rifugiati bianchi. La spiegazione però non è difficile: i fuoriusciti fiorentini ovviamente tentarono di rientrare a Firenze. Fecero ben 3 tentativi chiamati guerre Mugellane (dal Mugello, zona vicino a Firenze). Dante sicuramente partecipò alla prima, non si è sicuri di una sua partecipazione alla seconda, ma di certo era a conoscenza del progetto. Sicuramente non ha partecipato alla terza, il cui momento più famoso avvenne nel 1304 ed è la famosa battaglia della Lastra, famosa per la storia di Firenze. Tutti e tre i tentativi fallirono, ma Dante in questa terza occasione era stato tra quelli che avevano cercato di dissuadere la compagnia dei fuoriusciti da questo tentativo perché era sicuro di un terzo fallimento. L'azione era stata preparata in modo frettoloso, impetuoso, senza un disegno preciso. Non fu ascoltato. E così da quel momento in poi Dante farà parte per se stesso. Lascia i compagni bianchi e se ne starà per conto suo. Sapendo questo capiamo perché fin dall'inizio chiama i fuoriusciti malvagi ecc.
v. 65 "Si farà contr' a te" = disaccordo tra i fuoriusciti e Dante
v. 66 "N'avrà rossa la tempia" = le ipotesi sono due:
-
La tempia può tingersi di rosso per la vergogna di aver fallito tutti i tentativi per entrare a Firenze
-
Le tempie, il viso, la testa dei fuoriusciti si tingerà di rosso del sangue per il loro fallimento nella battaglia della Lastra
v. 67 "Processo" = conseguenze
v. 68 "Prova" = di quanto abbiano agito male / "Bello" = punto d'onore
Adesso gli dice chi sarà il primo ad ospitarlo quando sarà costretto a lasciare Firenze. Parla del "gran Lombardo". Ricordatevi che la Lombardia era tutta l'Italia settentrionale. Non sta parlando di Cangrande ma di Bartolomeo, suo padre. Cangrande verrà citato tra qualche terzina, ma Dante di lui ci dirà che tutta l'umanità ne sentirà parlare perché farà grandi imprese e grandi cose, però non lo sa nessuno perché ha ancora 9 anni.
v. 71 "Gran Lombardo" = Bartolomeo della Scala, signore di Verona. Sappiamo che è lui grazie al verso successivo
v. 72 "Che 'n su la scala..." = il simbolo degli Scaligeri era una scala. Sulla scala c'è l'aquila romana, il santo uccello, il sacrosanto segno. In origine gli Scaligeri avevano solo la scala come simbolo e solo in un secondo momento fu aggiunta l'aquila imperiale. C'è chi dice che già nel 1300 gli Scaligeri avessero l'aquila, ma in realtà non ci sono prove sicure. Per certo nel 1311 lo ebbero, perché divennero imperiali e come tali vollero aggiungere questo segno, nel caso non ci fosse stato già prima. Non è escluso però che Dante si riferisca al fatto che già nel 1300 gli Scaligeri potevano avere l'aquila perché Bartolomeo aveva sposato Costanza che era la pronipote di Federico II. E quindi come discendente diretta dell'imperatore, avesse preso spunto da questo matrimonio per mettere l'aquila sul blasone.
Bartolomeo è talmente attento e riguardoso a non offendere Dante che nel fare e nel chiedere, nel concedere e nel domandare, sarà primo quello che di solito viene dopo. Ovvero, la successione normale sarebbe che una persona chiede e poi l'altra dà. Bartolomeo invece preveniva sempre le possibili richieste di Dante per non dargli l'umiliazione di chiedere.
v. 76 "Colui" = Cangrande
v. 77 "Stella forte" = siamo nel cielo quinto, quindi quello di Marte, dei combattenti
v. 80 "Novella età" = questo personaggio è ancora un bambino
v. 82 "Guasco" = non più Bonifacio VIII, ma Clemente V, che se in un primo momento aveva favorito l'ascesa di Arrigo VII in Italia, a un certo punto cambia idea pensando che il suo arrivo potesse depauperare il suo potere. Quindi si allea con i guelfi italiani e inganna Arrigo VII.
v. 84 "In non curar..." = nè di ricchezze, nè di fatiche militari. Non farà guerre per procurarsi ricchezze maggiori
v. 85 "Magnificenze" = grandi imprese
v. 88 "A lui t'aspetta..." = si deve affidare a lui e alla sua generosità
Qui sta tessendo le lodi di Cangrande. In quest'ultimo caso ("cambiando condizion") non è particolarmente chiaro quello che Dante vuole dire. E' difficile capire se lui faccia riferimento a qualcosa di specifico o se voglia molto più genericamente lodare le azioni grandi che compirà Cangrande.
v. 91 "E portera'ne scritto..." = si ricorderà di lui
v. 93 "A quei che fier..." = anche per coloro che le vedranno accadere davanti ai loro occhi.
Racconta delle cose incredibili del futuro che Dante personaggio sta conoscendo in quel momento- Saranno incredibili anche per chi se le vedrà accadere davanti agli occhi.
v. 94 "Figlio" = continuo contatto familiare, affettuoso / "Chiose" = spiegazioni
v. 96 "Giri" = anni
v. 97 "Vicini" = concittadini
Non deve odiare i fiorentini perché la sua vita durerà ben più anni dopo che la perfidia sarà vendicata.
Dante vede il castigo per se stesso, la sorte che lo attende, l'esilio. Però profetizza, sogna un castigo per Firenze.
v. 100 "Tacendo" = Cacciaguida / "Spedita" = libera
Il dubbio più grande di Dante, ovvero sapere quello che gli sarebbe successo in futuro è stato sciolto, risolto. E Dante qui usa una metafora tratta dall'arte della tessitura e non è la prima volta. Ricordiamo che Firenze e la zona intorno siano proprio sede della maggior industria tessile.
v. 101 "Metter la trama..." = dar forma al suo desiderio
v. 104 "Da persona che vede" = una persona che vede è una persona sapiente, di grande virtù, che ha grande affetto per chi ha di fronte.
v. 104 "Sprona" = si affretta
v. 107 "Lo tempo verso me..." = così come prima aveva detto che se arriva una freccia prevista, il dolore è parzialmente attutito. Anche adesso dice che un colpo arriva e ci colpisce in modo più forte se non siamo pronti a reagire
v. 108 "Grave" = forte
v. 109 "Provedenza" = previdenza
v. 110 "Loco" = Firenze
v. 111 "Io non perdessi..." = la paura di Dante è lecita. Dice è vero che deve armarsi di previdenza, ha capito che deve lasciare la sua città, però non vuole perdere la possibilità di altri rifugi, di altre case, di altre città per colpa dei suoi versi.
Adesso sarà ancora più chiaro. E' vero che fa questo viaggio per purificare la sua anima, ma anche per raccontarlo di modo che altri uomini viventi possano avere la stessa possibilità. Ma viaggiando per i 3 regni ha visto "cose che voi umani non potete nemmeno immaginare", ha visto cose che riguardano persone ancora in vita o antenati di personaggi molto importanti. Ha paura che raccontandole potrebbe risultare nocivo, fastidioso. E questo non lo gioverebbe, soprattutto in un momento del bisogno come quello dell'esilio. Però è anche vero che se sta zitto, non solo viene meno a una parte del significato del viaggio, ma questo comporterebbe perdere la fama poetica a cui ha alluso tante volte e che spera di ottenere proprio con la Divina Commedia.
v. 112 "Mondo sanza..." = Inferno
v. 113 "E per lo monte..." = Purgatorio e Paradiso Terrestre
v. 115 "Ciel" = del Paradiso
v. 117 "A molti fia..." = punta di acido nella bocca di molti
v. 118 "Son timido" = avrà timore
Ha paura di dar fastidio a qualcuno e di non rimanere nella mente dei posteri.
v. 121 "Il mio tesoro" = l'anima di Cacciaguida
v. 122 "Corusca" = luminosa, lampeggiante
v. 124 "Fusca" = offuscata
v. 128 "Fa manifesta" = racconta pure
v. 129 "E lascia pur grattar..." = modo di dire molto popolare. Questo conferma quello che dicevamo dall'inizio, il plurilinguismo di Dante. All'Inferno ha un livello più basso con poche punte verso l'alto, il Paradiso è mediamente molto alto e solenne, però indugia ogni tanto anche a detti popolari come in questo caso.
v. 134 "Cime" = degli alberi
v. 135 "D'onor poco argomento" = motivo poco onorevole
Metafora del vento che colpisce le cime più alte degli alberi, intende che le sue parole colpiranno gli uomini più potenti, ma questo per lui sarà motivo di onore. Colpirli sarà conseguenza di questo viaggio, di questa volontà divina
v. 141 "Incognita" = sconosciuta