Canto XXXIII Paradiso

09.02.2017 17:27

Prima assistiamo all'orazione di San Bernardo alla Vergine Maria perché interceda a favore di Dante presso Dio per poterlo contemplare. Maria intercederà e Dante potrà fissare il suo sguardo in questa luce assoluta, che è Dio. E' in questa circostanza che Dante fa quello che ha già fatto altre volte: ritorna a sottolineare il problema dell'incapacità della memoria di ricordare una cosa così grande e poi l'ineffabilità, i limiti della lingua umana nel raccontare questa cosa. E per questo motivo chiede aiuto ovviamente a Dio.

Dante vede la trinità e la sua ricostruzione da un punto di vista teologico è assolutamente perfetta.

Notare l'eccezionalità dei primi due versi di questo canto che sono fondati su tre antitesi. Non è la figura retorica in sè che è importante, ma il tipo delle antitesi.

v. 1 "Vergine Madre" = è San Bernardo che parla. Solo alla Madonna è successo di essere Vergine e Madre allo stesso tempo, normalmente non sarebbe possibile (prima antitesi) / "Figlia del tuo figlio" = essendo Maria la madre di Gesù ha un figlio chiaramente. Ma siccome Gesù è parte della trinità, è anche Dio e Dio è padre di tutti. Quindi è anche il padre di Maria (seconda antitesi).

v. 2 "Umile e alta" = l'antitesi più banale rispetto alle altre due

v. 3 "Termine" = meta / "Consiglio" = decisione

v. 6 "Farsi sua fattura" = farsi uomo a sua volta

Per altro, la vicenda di Dante è un po' simile a quella della Madonna, nella totalità. Così come Dante è stato scelto da Dio per fare questo viaggio, anche Maria è stata scelta da Dio.

v. 7 "Raccese" = rinnovò

v. 8 "Per lo cui" = grazie a cui

v. 9 "Fiore" = Rosa dei Beati

v. 10 "Meridiana" = meridiae indica il mezzogiorno. A mezzogiorno il sole è allo zenit quindi al massimo del calore, della luce = luminosissima / "Face" = latinismo per indicare la fiaccola

v. 11 "Di caritate" = dove sono la fede e la speranza (le altre due virtù teologali assieme alla carità) che di solito Dante ha sempre presentato insieme fin dall'Inferno? Qui non esistono più. Mentre l'ardore di carità esiste e caratterizza l'Empireo, la fede e la speranza non hanno più senso nel Paradiso. La fede perché è parte integrante dell'essere beato e la speranza ormai lì è diventata certezza, eternità. In cosa vuoi sperare ancora? Sono tipiche virtù per gli uomini sulla terra che le devono coltivare, ma in Paradiso l'unica virtù che regna sovrana è l'ardore di carità.

v. 12 "Vivace" = rigogliosa

v. 13 "Tanto vali" = hai un tale potere

v. 15 "Disianza" = desiderio / "Volar sanz'ali" = torna la metafora del volo degli uccelli.

Dante dice che sulla terra, chi desidera una grazia ma non prega la Madonna per poterlo ottenere ha un desiderio inutile, vano, che non avrà nessuna possibilità di vedersi realizzato.

v. 16 "Pur" = solo
v. 17 "Molte fiate liberamente..." = ricorda quello che aveva detto Cacciaguida di Cangrande nel Canto 27.
Qui guardate l'anafora di "in te", successione di qualità che terminano la prima parte dell'orazione di San Bernardo, che poi prosegue.

v. 22 "Questi" = mentre San Bernardo parla alla Madonna, indica adesso Dante / "Infima lacuna" = l'Inferno. Ma tutto o il Cocito? Quest'ultimo è l'ultima parte, dove sta Lucifero, che è immaginato come un lago ghiacciato. Quindi "lacuna" potrebbe riferirsi a questo, oppure genericamente all'Inferno.

v. 24 "Vite spiritali" = quelle dei beati in Paradiso o quella di qualunque uomo che una volta morto lascia il corpo sulla terra e l'anima da un'altra parte? Sono tutte domande legittime ma arrivare ad una soluzione è praticamente impossibile.

Forse Dante ha voluto citare il suo intero viaggio dall'Inferno al Paradiso senza voler dare alcuna specificazione ulteriore.

Ha visto tutte le condizioni in cui le anime possono ridursi a seconda di come hanno vissuto sulla terra.

v. 25 "Di virtute" = di ricevere una tale potenza

v. 27 "Ultima salute" = Dio

v. 28 "Veder" = desiderio di vedere

La bontà di San Bernardo si vede dal fatto che lui non ha desiderato mai nulla per sè quanto sta desiderando adesso che Dante possa, attraverso Maria, contemplare Dio.

E' inutile una preghiera se sappiamo già che Dio lo vuole e che poi in ogni caso, ha già letto la mente di Dante? Bisogna che Dante sia in condizione di scrivere e soprattutto poi di raccontare. Quindi deve rendere questo viaggio in qualche modo fruibile alla mente degli uomini. Altrimenti il suo scopo non potrebbe essere ottenibile: che altri si pentano e si purifichino.

v. 31 "Nube" = impedimento

 

suona il telefono Schili: uh è Daniela, scusate potrebbe essere urgente. Ciao Daniela, sono in quinta..... ok.......... ancora a Verona!?........ va bene dai ti chiamo all'intervallo... ok grazie.... mette giù Non era poi così importante. Concerto a Verona di Zucchero.....

 

v. 35 "Sani" = intatti

v. 36 "Affetti" = inclinazioni. Qual è il pericolo che corre Dante? Che dopo questa visione ci sia il rischio della superbia. Dante ha già più volte sottolineato nel corso del viaggio questa cosa. Per esempio, nel canto di Oderisi da Gubbio, il miniatore: lui era superbo perché era il più bravo finché non è arrivato Franco Bolognese che lo ha rimpiazzato. A quel punto Dante dice che in quel momento un Guido aveva soverchiato la fama dell'altro Guido (Guinizzelli e Cavalcanti) e forse è già arrivato chi supererà la fama di tutti e due, riferendosi chiaramente a se stesso. Ma non è un atto di superbia!! E bisogna tener conto di queste cose. Noi dobbiamo sempre contestualizzare. E quindi il pericolo che rischia Dante, fatto questo viaggio, tornato sulla terra e messo per iscritto quest'esperienza incredibile, con tutti i limiti che ha l'uomo, è che possa cadere nel peccato di superbia. Di qui la preghiera affinchè ciò non accada.

v. 37 "Guardia" = custodia, protezione / "Movimenti" = passioni terrene, quindi anche sulla superbia

v. 39 "Chiudono le mani" = pregano

v. 40 "Occhi" = di Maria

v. 41 "Orator" = non va inteso come oratore, cioè chi parla, San Bernardo. Ma dell'orante! (Ok però sul mio libro c'è scritto che orante vuol dire oratore e quindi S. Bernardo. Fate vobis)

Maria non parla, non fa un cenno, ma con lo sguardo fa capire a San Bernardo di accettare le sue preghiere.

v. 44 "Nel qual non si dee..." = Lo sguardo di Maria nella luce di Dio non è possibile a nessuna creatura umana.

v. 46 "Fine di tutt'i disii" = contemplazione di Dio

Cosa significa finire l'ardore del desiderio? Ci sono due possibilità: io desidero un sacco una cosa, adesso ce l'ho e quindi sono appagato. Che può essere vero e logico. Però qui stiamo parlando di guardare Dio, quindi è qualcosa di eccezionale. E' forse quindi preferibile pensare che questo "fine" sta a indicare il portare al massimo, al culmine, fino all'estremo, la potenza del desiderio. Proprio perché sa che glielo stanno per esaudire, che lo sta per ottenere.

v. 51 "Già per me stesso..." = aveva già alzato lo sguardo da solo

v. 54 "Vera" = verità assoluta. Nel senso che Dio è uno e trino ma è anche l'origine e la fine di ogni cosa, l'unica verità che esiste e che a sua volta può legittimare altre verità

v. 57 "Oltraggio" = eccesso di gioia provata

Abbiamo visto come la difficoltà di Dante di raccontare queste cose ultramondane aumenta man mano che procede nel viaggio. Le similitudini con cose terrene sono facili nell'Inferno, complicate nel Purgatorio e molto difficili nel Paradiso. Lui qui trova una soluzione ottimale: quando uno fa un sogno e si sveglia, ha perfettamente dentro di sè il sapore, il sentimento di quel sogno. Se è qualcosa di bello una sensazione piacevole, oppure il contrario. Però non ha la visione completa del sogno, ricorda delle cose, un po' sfumate. Dante si sente allo stesso modo.

v. 59 "Passione "= sentimento

v. 60 "La mente non riede" = alla mente non ritorna l'altro, ciò che tutte le singole cose viste nel sogno

v. 61 "Cessa" = terminata

v. 62 "Distilla" = gli scende goccia a goccia

Altra similitudine.

v. 65 "Così al vento ne..." = la Sibilla scriveva i suoi responsi su foglie secche che poi venivano disperse al vento.

Adesso è Dante che si rivolge a Dio perché gli conceda la forza di poter raccontare almeno una favilla, una briciola di quello che ha potuto vedere.

v. 69 "Ripresta" = ridona

v. 70 "Lingua" = capacità espositiva

v. 75 "Si conceperà" = gli uomini potranno capire la sua grandezza e la sua vittoria

v. 77 "Sarei smarrito" = non sarebbe riuscito a sopportarlo

La luce di Dio è così forte e abbagliante che se Dante distogliesse lo sguardo dalla luce di Dio, non avrebbe più la forza di riportare lo sguardo verso di lui.

v. 79 "Ardito" = coraggioso

v. 80 "Sostener" = sopportare lo sguardo

v. 82 "Presunsi" = ho osato

Usò tutte le capacità possibili che aveva per poter contemplare Dio.

Questo è il primo tentativo che fa per raccontarci di com'è fatto Dio. Essendo luce, non abbiamo nessuna descrizione fisica ed estetica.

v. 87 "Squaderna" = è slegato

Dio che contiene in sè qualunque cosa esista. Origine e fine di ogni cosa.

v. 88 "Sustante e accidenti" = vi ricordate in terza quando abbiamo fatto lo Stilnovo di Dante, quanto aveva pesato la teoria aristotelica? La sostanza è ciò che esiste di per sè, l'accidente è qualcosa che ha valore solo se c'è una sostanza. L'amore per esempio è un accidente perché ha bisogno di una donna e degli occhi perché possa trasformarsi da potenza in atto. Tutti elementi che alla base hanno un'impostazione aristotelica.

v. 89 "Conflati" = uniti

v. 91 "Nodo" = unione

v. 94 "Letargo" = oblio, oscurità

v. 95 "Che venticinque secoli..." = voi sapete che Argo è la nave degli Argonauti, legata alla vicenda del vello d'oro. Perché Dante cita Argo qui? Perché questa nave è legata anche ad un'altra diceria, ovvero che Argo fosse stata la prima nave a solcare il mare aperto. E quindi Nettuno, Dio del mare, quando Argo attraverò il mare, dalla profondità del suo regno vide per la prima volta una nave.

v. 97 "Sospesa" = assorta

v. 99 "Accesa" = dal desiderio

v. 98 "Cotal" = così presi

v. 103 "Obietto" = oggetto

v. 105 "Defettivo" = imperfetto

L'unica vera perfezione è Dio, tutto il resto è imperfetto, anche cose che noi sulla terra consideriamo perfette

v. 106 "Favella" = parola, Dante parlerà di meno

v. 107 "Pur a quel ch'io ricordo..." = ricorda un barlume, una favilla di ciò che in realtà ha vissuto

v. 107 "Fante che bagni..." = bambino che ancora prende il latte dal seno della madre

v. 111 "Che tal è sempre..." = dato che Dio è sempre identico a se stesso

v. 112 "Avvalorava" = rafforzava

v. 116 "Lume" = luce divina

v. 117 "Contenenza" = dimensione

Questa è la trinità.

v. 118 "E l'un" = il secondo dei tre cerchi / "L'altro" = il primo / "Iri" = arcobaleno

Chi ha analizzato questi versi da un punto di vista cristiano, spirituale, teologico, è unanime nel giudicare la descrizione di Dante della trinità, precisa ed esatta. Si dice che uno discende dall'altro (padre, figlio e Spirito Santo). Anche da un punto di vista religioso è una luce che discende da un'altra luce. E lo Spirito Santo è il fuoco dell'ardore di cairtà che alimenta sia il padre che il figlio allo stesso modo.

v. 121 "Dire" = parola, capacità espositiva

v. 123 "Non basta a dicer..." = non è neanche poco, è proprio nulla

v. 124 "Sidi" = stai

v. 126 "E intendente" = intendendoti

Questi tre verbi: "intendente", "ami" e "arridi" sono rispettivamente da associare al padre, al figlio e allo Spirito Santo. La luce eterna non sta da sola, perché la luce di Dio non può essere contenuta da niente perché Dio è origine di ogni cosa, quindi vale solo per se stessa.

v. 126 "Quella" = il secondo cerchio, quello riflesso dall'altro

v. 127 "Circulazion" = cerchio di luce

v. 131 "Effige" = immagine. Questo è il mistero dell'incarnazione. Nel figlio vede l'immagine di un uomo perché Cristo si è incarnato, si è fatto uomo. Dentro al secondo cerchio del figlio, gli pare di vedere una figura del nostro stesso colore, fatta in carne e ossa.

Adesso utilizza una famosa immagine matematica, utilizzata ancora oggi. Cos'è impossibile fare? La quadratura del cerchio!

v. 134 "Misurar" = farne la quadratura / "Non ritrova" = non ci riesce

v. 135 "Principio" = di cui ha bisogno per risolvere questa questione

v. 137 "Convenne" = adattasse

v. 138 "Imago" = immagine umana / "S'indova" = come si collocasse

E' un po' come l'uomo vitruviano di Leonardo. E' come se in quel cerchio vedesse una figura umana, però non riesce a risolvere la questione. A capire come fosse possibile che fosse davanti ai suoi occhi.

v. 139 "Ma non eran da..." = utilizza ancora l'immagine delle penne e del volo.

v. 141 "Fulgore" = illuminazione della grazia divina

La mente raggiunge ciò che voleva. Capisce il mistero della trinità e della reincarnazione.

v. 142 "Fantasia" = capacità immaginativa / "Qui mancò" = vennero meno le forze
L'ultima terzina finisce con "stelle", come anche nelle altre due cantiche.