Tancredi e Ghismonda

01.05.2015 13:52

Amori infelici. In questa novella vediamo che l’amore è impossibile da frenare e non ha neanche senso fermarlo. E’ un istinto naturale, dice Ghismonda. L’amore è il protagonista, da un punto di vista passionale, carnale. Relazione con Guiscardo che ha una componente fisica ma anche emotiva. Tutti i personaggi sono caratterizzati dall’amore. Tancredi prova un amore morboso, non sano verso la figlia. Ghismonda che difende il proprio diritto ad amare di fronte al padre. Guiscardo che è innamorato di questa donna ma ha un significato particolare la sua figura in questa novella. Potremmo riconoscere anche qui il famoso triangolo amoroso. Come quello tra Venere, Marte e Vulcano. La moglie di Vulcano era Elena, ma lei era sempre stata l’amante di Marte. Non è certo un’invenzione di Boccaccio, che viene presentata in tante novelle. Il terzo però non è Guiscardo, è Tancredi, che ha un ruolo particolare perché è il primo e ultimo personaggio a comparire nella novella. All’inizio Boccaccio ce lo presenta con attributi estremamente positivi, ha tante virtù, ha degli ideali di nobiltà di tipo feudale ma grande uomo. Sta di fatto però che quando ci sono cose che riguardano la figlia lui è come se perdesse questo equilibrio, si fa travolgere dagli eventi e ignora una delle qualità che per Boccaccio sono fondamentali nell’uomo moderno: il saper vivere. Sa vivere bene invece Ghismonda (anche se muore) e così anche Guiscardo. Chi sa vivere sa anche ben morire.

Il personaggio principale è Ghismonda, il femminile dell’eroe di Boccaccio. Le sue doti sono tutte le doti predilette da Boccaccio: magnanimità, industria, intelligenza, coraggio, dignità, uso sapiente della parola, saper vivere. Il fulcro della novella è il discorso che fa al padre. E’ una donna che si scontra con la fortuna. Il vero antagonista non è la fortuna però, è il padre, su cui non ha possibilità di vincere. Ci dà l’immagine di un rapporto incestuoso. Hanno due visioni del mondo differenti: Tancredi rappresenta la mentalità feudale, la figlia invece è una donna molto ferma, coerente, di grande dignità. Lui è debole, incoerente. In questo contesto il pianto è segno di grande debolezza, la figlia nonostante stia per morire tiene testa al padre. A quei tempi era una cosa inconcepibile. Nonostante questo discorso finisca con la morte di Ghismonda, è lei che è vincitrice. Tancredi insiste nei confronti della figlia su un aspetto: insiste sulla condizione sociale di Guiscardo. Questi sono i punti di forza di Tancredi. Dal punto di vista di Tancredi, lui aveva ragione. La figlia aveva disonorato la famiglia. Ghismonda risponde a testa alta facendo leva su due punti: intanto rivendica il suo diritto di amare, perché è una forza e un istinto naturale che non si può frenare. La seconda riguardà il concetto di nobiltà, lei non ha disonorato nessuno. La vera nobiltà è quella di cuore, dell’animo. E gli uomini sono tutti uguali davanti a Dio. Quindi Guiscardo, come uomo, figlio di Dio, è come Tancredi. Abbiamo queste due concezioni diverse, antitetiche.

E perché questa donna tanto forte si suicida? In realtà il suicidio è legato ad un discorso diverso, non di prova di coraggio. Boccaccio vuole dimostrare il binomio inscindibile tra amore e morte che separa gli amanti quando sono ostacolati ma li ricongiunge per l’eternità dopo la morte (Paola e Francesca).